Smart working, il fenomeno: cosa è cambiato dopo la pandemia
La pandemia e le misure di contenimento del virus hanno costretto la maggior parte delle aziende, sia del settore pubblico che privato, a rivedere l'organizzazione del lavoro dei loro dipendenti: lo smart working più che una possibilità è stata una vera e propria questione di sopravvivenza per tutte quelle realtà che potevano permetterselo.
Parole come smart working e remote working hanno iniziato a circolare modificando quelli che erano i parametri standard di una gestione della produttività.
La pandemia, in definitiva, ha aperto la strada a una rinnovata concezione del lavoro fuori dagli standard a cui la società era abituata. In questo scenario nascono iniziative come SpaceVox, l'App con cui prenotare spazi di lavoro ad ore.
Smart working o lavoro agile: più flessibilità e autonomia
Lavorare in smart working consente al dipendente di conciliare lavoro con la vita privata introducendo una nuova percezione del tempo e dello spazio.
Secondo l'Osservatorio dello Smart working del Politecnico di Milano è una filosofia manageriale che restituisce alle persone flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi e degli strumenti da utilizzare, acquisendo maggiore responsabilizzazione dei risultati, a vantaggio di una migliore produttività.
Inoltre la frontiera dello smart working ha consentito di rimuovere quei confini geografici e accedere a una visione del lavoro in team più variegata e inclusiva, potendo usufruire di un bacino di potenziali talenti in vista di una maggiore creatività e maggiore rapidità nel risolvere i problemi: un superiore tasso di innovazione tecnologica e digitale sono solo alcuni dei vantaggi della diversità sul lavoro, fisico virtuale che sia.
Era post-pandemia: quali i reali cambiamenti e le sfide da superare
A distanza di due anni dall'esplosione della pandemia però, ragionare su come potrebbe configurarsi la il nuovo stato di normalità lavorativa è d'obbligo, perché tornare allo status quo pre-emergenza è impensabile e forse anche poco sensato, considerando i vantaggi che se ne possono fruire nel lungo periodo per le aziende in termini di costi e produttività.
Nell'era post-pandemia si prefigura un'altra alternativa organizzativa oltre lo smart working, che è l'hybrid work, uno sdoppiamento in pratica del lavoro che si divide tra ufficio e casa (o spazi alternativi flessibili al di fuori delle sedi aziendali)
Vediamo i numeri: l'ultima edizione dell'Osservatorio di Smart working del Politecnico di Milano stima che al termine dell'emergenza le persone che lavoreranno almeno in parte da remoto saranno 4,38 milioni, di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila nelle PMI, 970mila nelle micro-imprese e 680mila nella PA. Lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell'89% delle grandi aziende, nel 62% delle PA e nel 35% delle PMI.
La modalità prevalente sarà comunque l'hybrid work che risulta essere il miglior risultato per una ricerca di equilibrio tra lavoro in sede e a distanza: non si tratta di un compromesso banale tra vecchio e nuovo, ma di una modalità che sintetizza al meglio le due esperienze e risponde alle mutate esigenze dei lavoratori, creando al contempo organizzazioni sempre più competitive.
L'assessore al Lavoro e allo sviluppo economico del Comune di Milano Alessia Cappello afferma che non si deve per forza stare in ufficio cinque giorni su cinque e che la flessibilità è un'opportunità per il lavoratore dipendente: si richiede una sempre maggiore autonomia dell'orario di lavoro perché si viene valutati in base agli obiettivi raggiunti e non alle ore di ufficio.
Secondo questo scenario cresce la domanda di uffici flessibili e convertibili con contratti a breve durata: decolla un nuovo format che è il co-working dove più professionisti condividono uno luogo comune in cerca di postazioni a basso costo, il tutto comporta nuove esigenze tecnologiche e necessità di razionalizzare spese, spazi e servizi.
Smart working, Hybrid work: il luogo di lavoro si trasforma
Le aziende stanno considerando di ridisegnare gli ambienti di lavoro per conformarsi alle nuove esigenze che nell'era post-pandemia sono emerse in maniera preponderante.
Significa ridurre la metratura degli spazi con ragguardevole risparmio nei costi, ma al tempo stesso configurarli in maniera flessibile per una maggiore collaborazione e interazione a distanza dei team di lavoro, senza dimenticare le aree di privacy.
Non è più possibile immaginare il posto di lavoro per come si era abituati a vederlo: più punti di vista, maggiore creatività, più alto tasso di innovazione, più equilibrio tra vita privata e professionale, benessere, risparmio.
E in questo scenario di trasformazione dei processi lavorativi in lavoro agile e ibrido, la tecnologia digitale la fa da padrone: affinché si possa lavorare da casa, in ufficio e da diverse postazioni le aziende si sono dotate degli giusti strumenti in modo che i documenti siano resi disponibili elettronicamente senza più dipendere dal cartaceo.
Inoltre i dipendenti devono poter accedere agli applicativi aziendali e al materiale da qualsiasi luogo senza essere legati a computer specifici. Infine esistono diversi software e tecnologie che concorrono a facilitare la collaborazione e portare a termine singole attività come interi processi.
In conclusione
Dal rispetto dell'equità alla salvaguardia della cultura aziendale, dal mantenere alto lo spirito collaborativo alla necessità di alimentare gli scambi informali, dalla gestione del lavoro alla sicurezza informatica: sono le frontiere che la trasformazione del lavoro ha posto in essere dopo un lungo periodo di isolamento, secondo una visione meno gerarchica e più trasversale e collaborativa delle relazioni.